L'agenda delle mostre da vedere in tutta Italia dal 26 febbraio 2022 | Elle Decor

2022-09-11 03:57:59 By : Mr. Edgar Zhou

Architettura, arte contemporanea, design e fotografia. Ma anche installazioni site specific e opere in dialogo tra arte e scienza: 10 appuntamenti imperdibili, in viaggio da nord a sud

L'agenda delle mostre di fine febbraio 2022 si concentra su ambiti diversi, architettura, arte, design e fotografia, puntando l'attenzione su tematiche particolari quanto importanti. Nei progetti espositivi di questa settimana, tra installazioni site specific e opere d'autore, l'arte contemporanea si interroga sul lavoro minorile, sul controllo o le modalità delle persone di adeguarsi al potere oppure esplora la follia nelle sue molteplici accezioni, come straniamento, perturbazione, euforia e meraviglia. E ancora gli artisti, attraverso i loro lavori, immaginano nuove relazioni con il tempo oppure incrociano linguaggi e discipline diverse, quali filosofia, biologia, politica o anche fantascienza, per ricercare il dialogo tra arte e scienza. Guardando agli appuntamenti culturali di questo mese, non mancano le proposte dedicate al design, con un progetto dedicato a complementi d'arredo, che sprizzano gioia e calore a prima vista, pensati come amici e complici della vita quotidiana. Anche l'architettura ha un posto tra le mostre di febbraio, con l'intervento site specific che racconta il percorso di ricerca e pratica di uno studio olandese, noto per il suo contributo progettuale innovativo nell'ambito dell'architettura del paesaggio e quella espositiva. Infine come dimenticare la fotografia. Presente nelle proposte della settimana con due esposizioni: una dedicata al fotogiornalismo, negli scatti di cronaca, politica sport e costume dell'anno appena trascorso; l'altra che 'rilegge' un grande archivio fotografico e di memorie visive sulla storia del mondo industriale e del lavoro, condensando nelle foto esposte “questi ultimi 200 anni ricchi, folli, intensi, esplosivi”.

I fatti di cronaca e di attualità, in Italia e nel resto del mondo, che hanno segnato il 2021. Scorrono negli scatti realizzati dai fotografi dell'agenzia Ansa, in mostra negli spazi del Forte di Bard. Sono oltre 100 le immagini esposte, tratte dal volume fotografico PhotoAnsa edizione 2021, suddivise in 12 sezioni tematiche. Non solo pandemia, che comunque nell'anno appena trascorso si racconta attraverso le foto delle persone in attesa di ricevere il vaccino, quelle di riaperture e riprese dei luoghi della cultura, del lavoro e del turismo; nell'esposizione ci sono episodi di cronaca, politica, sport e costume. Le foto fissano avvenimenti internazionali come i missili lanciati su Gaza e Israele, la vittoria dei talebani in Afghanistan culminata nell'assalto all'aeroporto di Kabul, oltre a riportare la realtà politica italiana. Una sezione è dedicata al grande caldo che ha contraddistinto l’inizio dell'estate, una allo sbarco su Marte del rover Perseverance. Poi ci sono le immagini che immortalano le vittorie nello sport, conseguite in modo speciale in questo anno, e nella musica. Non mancano gli scatti che documentano la violenza contro le donne, nella drammatica crescita del fenomeno del femminicidio. Fino al 1 maggio.

La personale di Bertille Bak, presentata da Fondazione Merz, è incentrata sul tema del lavoro minorile. L'artista francese trae ispirazione dalla sua storia personale, nipote di minatori polacchi costretti a lavorare nelle miniere di carbone del nord della Francia fin dall’età di 13 anni. Fulcro del progetto espositivo site-specific, a cura di Caroline Bourgeois, è la video installazione Mineur Mineur (Minatore minorenne) che dà il titolo alla mostra. Per la realizzazione di questa opera, Back ha svolto un intenso lavoro di ricerca sulle miniere e sul lavoro dei minori in tutto il mondo. Lungi da esprimere giudizi morali, l'artista racconta la storia dei bambini, capovolgendola, utilizzando immagini di oggetti che evocano i momenti spensierati dell'infanzia: labirinti sotterranei, spazi capovolti, passaggi attraverso pareti e soffitti, diapositive e registratori. Lo spettacolo della scena finale, immaginato come quelli di fine anno scolastico, è però una festa totalmente disincantata, nella quale i bambini finiscono nei meandri della terra attraverso scivoli, ritornando al loro stato di piccoli esseri umani invisibili, accompagnati dalla musica dissonante di un flauto. All'imponente verticalità dello spazio della Fondazione, l'artista risponde con un lavoro che contrappone la profondità estrema della terra, mentre il visitatore è indotto a una sensazione di straniamento, per la duplice lettura delle opere, tra apparente regressione giocosa e la coesistenza continua di candore ed efferatezza. Nei lavori in mostra, quattro oltre all'opera principale, Bak fa ricorso al linguaggio della favola, proprio della sua ricerca artistica, all'artificio, per interpretare una realtà tragica, immaginando un racconto sociale, di condizioni che accomunano tutti anche quando sembrano distanti, da intendere come un archivio della memoria. “Il suo scopo non è quello di farsi conoscere, lei, l’artista, ma appunto di guardare con attenzione, con umanità, partendo dallo sguardo naturalmente sfalsato dell'artista, delle vite che avrebbero potuto essere le nostre se fossimo nati altrove”, spiega la curatrice. Fino al 22 maggio.

OGR Torino presenta nei suoi spazi espositivi un duplice appuntamento, due installazioni ambientali che immaginano nuove relazioni con il tempo. "Maria Hassabi – Here", a cura di Samuele Piazza con Nicola Ricciardi, è allestita al Binario 1 mentre il Binario 2 accoglie "Nina Canell – Hardscapes", curata da Samuele Piazza con Lorenzo Giusti. Il paesaggio della live-installation "Here" di Maria Hassabi, artista e coreografa cipriota, è ricreato da un pavimento d'oro che cambia lo scenario del primo binario. In quell'ambiente scultoreo, i corpi di Hassabi e di cinque ballerini eseguono una coreografia a un ritmo decelerato, incentrata sull'immobilità e la sospensione tra i movimenti, una pratica propria e unica nel suo genere, che l'artista ha sviluppato a partire dai primi anni 2000. Il lavoro di Hassabi invita i visitatori a riconsiderare la loro presenza, nella consapevolezza dell’essere here nel tempo e nello spazio , oltre che la loro relazione con i corpi vivi, sia come entità fisiche che come fermo immagine dai molteplici riferimenti. La mostra "Hardscapes" di Nina Canell, al binario 2, si pone in dialogo con quella dell’artista al GAMeC di Bergamo e si focalizza sui concetti di circolazione e trasformazione dell’energia presentando due opere di grandi dimensioni. "Energy Budget (2017-2018)", opera video ideata in collaborazione con Robin Watkins, indaga i diversi modi in cui l’energia si manifesta e circola, a volte in maniera invisibile, in simbiosi inaspettate tra natura e ambiente antropizzato. Cannell ripropone anche in una nuova installazione l’opera "Muscle Memory (2021)": contemporaneamente costruita e distrutta dal movimento e dalla densità dei corpi, questa scultura a terra si sgretola letteralmente sotto i piedi dei visitatori. Fino al 27 marzo.

Pirelli HangarBicocca ha aperto la personale di Anicka Yi, riconosciuta come una delle figure più radicali della scena artistica degli ultimi anni 2000 e la cui ricerca artistica incrocia linguaggi e tematiche diverse, negli ambiti di filosofia, biologia, politica o anche fantascienza, nel dialogo tra arte e scienza. Nel progetto espositivo, a cura di Fiammetta Griccioli e Vicente Todolí, oltre venti installazioni dell'artista coreano-americana rivelano il suo approccio eclettico, caratterizzato da assemblaggi di materiali deperibili e industriali che sfidano l'aspetto immutabile della scultura e dell’installazione, indagando i processi biologici e i concetti di metamorfosi, interdipendenza, ecosistema e simbiosi. L'esposizione percorre gli ultimi dieci anni della produzione di Yi attraverso un percorso sinestetico e un'esperienza immersiva e coinvolgente per i visitatori, grazie a odori, forme mutanti che reagiscono all'ambiente circostante ed elementi biologici disorientanti. Si inizia dai primi progetti del 2010, con focus relativo alla ricerca su materiali tattili e olfattivi, per arrivare alle installazioni più recenti realizzate con la collaborazione di architetti, scienziati, profumieri, ovvero progetti legati alle innovazioni nei campi della tecnologia e della scienza. Il titolo, "Metaspore", ispirato al mondo biologico - le spore sono le unità cellulari che danno origine a nuove entità viventi senza la necessità di una riproduzione sessuale - riprende il legame simbolico e concettuale con la mostra di Pirelli HangarBicocca, che si trasforma autonomamente nel corso del tempo. In particolare, i lavori di Yi si focalizzano sulla dimensione olfattiva, presentando opere connotate dall’uso di fragranze; riguardano il tema pluriennale della ricerca sui batteri, che, nei loro cicli di crescita, stasi e decadimento, definiscono l'evoluzione nel tempo dell'opera dell'artista, mostrando 'dipinti sospesi' che cambiano durante il periodo espositivo. Dopo una serie di sculture di sapone alla glicerina e di batteri, racchiusi ed enfatizzati come oggetti preziosi all’interno di vetrine illuminate, che evocano sensazioni contrastanti legate ai concetti di igiene e contaminazione, si è immersi in un ambiente scuro, dove la luce soffusa delle installazioni in mostra suggerisce un’atmosfera sospesa e avveniristica. Nel percorso espositivo, altri lavori di Yi esplorano i concetti di corpo, interdipendenza, ecosistema e simbiosi. Fino al 24 luglio.

Gli sgabelli e i carrelli di servizio Scarpette e Carolino, progetto dello studio danese-italiano Older, sono gli originali ed esclusivi protagonisti della mostra presentata da Nilufar Gallery, con un allestimento vivace e giocoso al Nilufar Depot. Il duo Older, costituito da Letizia Caramia e Morten Thuesen, ha ideato i complementi di design, elementi versatili adatti a qualsiasi tipologia di ambiente, durante il lockdown nel Natale 2020 trascorso insieme nello studio del padre di Caramia, a Pietrasanta in Toscana. L'ispirazione è venuta dai materiali di scarto e i rottami di ferro rinvenuti nell'atelier, che tagliati, saldati e dipinti in un modo inedito hanno dato vita a oggetti, nelle cui forme e texture fantasiose e nel linguaggio giocoso e infantile si ritrova proprio quello spirito natalizio. Dai primi prototipi realizzati a mano dal padre di Caramia, lo studio, noto per la sua pratica multidisciplinare e per spaziare dalla creazione di uniformi organiche ai pezzi di arredamento - il cosiddetto furniform - mobili/ uniformi -, è approdato alla produzione. Scarpette & Carolino, sono la risposta a un momento di isolamento e solitudine collettiva, nati dall'idea “di creare una piccola serie di amici che potessero essere di compagnia e in grado di trasmettere calore, un po' come Geppetto e Pinnochio" dichiarano gli Older. Prima che oggetti sono degli amici, dei compagni immaginari, che sprizzano gioia e calore a prima vista, brillanti nei colori che sono stati ispirati dalle bandiere immaginarie su cui Caramia e Thuesen fantasticavano durante il lockdown. Scarpette è una seduta in legno rotonda, radicata su tre solide gambe costituite da solidi pilastri di ferro verniciati a polvere. La parte finale di ogni gamba termina con una sorta di piede, da cui deriva il nome Scarpette. Il carrello di servizio Carolino, invece, è pensato come strumento a disposizione per trasportare colazioni, pranzi e cene in giro per la casa, con la pancia che funge da contenitore. Quando non viene utilizzato, si trasforma in un compagno che ci salva dai momenti di solitudine. Sarà perché quei carrelli, ma anche quegli sgabelli, sembra possano animarsi da un momento all'altro come i giocattoli nelle favole? Fino al 5 marzo.

Apre il 26 febbraio al MA*GA - Museo Arte Gallarate la personale di Chiara Dynys, curata da Alessandro Castiglioni. Nelle venti opere inedite esposte si leggono collegamenti alla storia dell’arte e soprattutto a quella del cinema, tema rilevante della ricerca artistica di Dynys. Le suggestioni ispirate dal mondo del cinema, infatti, come spiega l'artista “hanno contribuito a dare al mio lavoro un taglio ben definito sin dagli esordi in cui creavo forme geometriche, senza un centro individuabile, attraverso un uso trasgressivo e 'cinematografico' dei materiali che, trasfigurati in qualcos’altro, esprimevano uno straniamento che nel tempo si è trasformato nella rappresentazione di un non luogo, abitato dallo spaesamento dei sogni e dallo sradicamento”. Gli immaginari di alcuni registi importanti nella storia del cinema, Roberto Rossellini, Jane Campion, Federico Fellini, Paolo Sorrentino e Lars Von Trier, rivivono nel lavoro di Chiara Dynys, permeato da “un sentimento di non appartenenza, un vuoto da collocare altrove, nella sofferta cornice del non sentirsi mai nel proprio posto”, continua 'artista. Il progetto espositivo si anima tra narrazioni e immagini in movimento, trasfigurate dall'artista grazie all’uso artistico di luce e spazi. Fino all'8 maggio.

La Fondazione Mast mette il suo archivio fotografico al centro di una grande mostra. Creata a partire dai primi anni del 2000, la Collezione della Fondazione Mast è dedicata alla fotografia del lavoro e dell'industria, punto di riferimento in questo ambito nel mondo, con oltre 6000 immagini e video di fotografi ed artisti famosi, un'ampia raccolta di album fotografici di autori sconosciuti, che abbracciano il XIX secolo e l'inizio del XX secolo. Per la prima volta una vastissima selezione delle opere in collezione è protagonista di un progetto espositivo allestito negli spazi della Fondazione, a cura di Urs Stahel. Oltre 500 immagini, che includono fotografie, album, video, compongono un racconto sulla storia del mondo industriale e del lavoro che intreccia quotidianità, idee, invenzioni, creatività, vita produttiva e industriale, e tecnologia. “Il lavoro abita le nostre vite, in ogni luogo del pianeta, e la fotografia sociale, documentaria e storiografica lo omaggia con una raccolta di immagini potenti, convincenti, insolite e rare di un universo poco considerato”. spiega il curatore. Più di 200 interpreti della fotografia italiana e internazionale: dagli scatti iconici dei maestri della fotografia, a quelli di fotografi meno noti o anonimi, insieme alle immagini degli artisti finalisti del MAST Photography Grant on lndustry and Work restituiscono letture e interpretazioni stilistiche diverse del mondo industriale. Data la complessità di The Mast Collection, il percorso espositivo è concepito secondo 53 capitoli che riprendono altrettanti concetti illustrati nei lavori esposti. La formula espositiva utilizzata è quella di un alfabeto, strumento necessario per fare luce sul senso di ogni immagine, che inizia dalla A, di Abandoned e Architecture, per arrivare fino alla W di Waste, Water, Wealth. capitoli, intesi come strumenti di conoscenza, approfondimento e stimolo per una riflessione libera, “rappresentano altrettante isole tematiche nelle quali convivono vecchi e giovani, ricchi e poveri, sani e malati, aree industriali e villaggi operai, e includono 250 e più professioni per tutte le fasce d’età. Costituiscono il punto di incontro delle percezioni, degli atteggiamenti e dei progetti più disparati”, spiega il curatore. La fotografia documentaria incontra l’arte concettuale, gli antichi processi di sviluppo e di stampa si relazionano le novità corrispondenti più attuali, le immagini in bianco e nero si affiancano a quelle a colori. Allo stesso tempo i paesaggi cupi caratteristici dell’industria pesante si contrappongono agli scintillanti impianti high-tech, il lavoro manuale e la maestria artigianale trovano il loro contrappunto negli universi digitali, nell’elaborazione automatizzata dei dati, il progresso tecnologico investe sia il settore industriale che la fotografia. The Mast Collection è un grande archivio 'parlante', di memorie visive delle realtà industriali, che condensano “questi ultimi 200 anni ricchi, folli, intensi, esplosivi”. Tra gli artisti in mostra: Paola Agosti, Richard Avedon, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Margaret Bourke-White, Henri Cartier-Bresson, Thomas Demand, Robert Doisneau, Walker Evans, Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, Mimmo Jodice, André Kertesz, Josef Koudelka, Dorotohea Lange, Erich Lessing, Herbert List, David Lynch, Don McCullin, Nino Migliori, Tina Modotti, Ugo Mulas, Vik Muniz, Walter Niedermayr, Helga Paris, Thomas Ruff, Sebastiao Salgado, August Sanders, W. Eugene Smith, Edward Steichen, Thomas Struth, Carlo Valsecchi, Edward Weston. Fino al 22 maggio.

Una morbida architettura da cui nasce l'illusione di una falsa prospettiva e una percezione inedita dello spazio. È l'intervento site specific allestito negli spazi del MAXXI, in piazza Alighiero Boetti e nella lobby del museo, che rivela la storia lunga vent'anni studio Inside Outside, fondato ad Amsterdam nel 1991 da Petra Blaisse. Si attraversa il corridoio, creato da due grandi tende traslucide, per conoscere e approfondire i 70 progetti dello studio, noto per il suo contributo progettuale innovativo nell'ambito dell'architettura del paesaggio e delle mostre. Tra questi ci sono il parco Biblioteca degli Alberi realizzato a Milano nel 2018, il parco commemorativo della tragedia del Polcevera, primo step del più ampio progetto di rigenerazione urbana per Genova in collaborazione con lo Studio Stefano Boeri e ancora lo spettacolare e cinetico allestimento espositivo alla Humboldt University di Berlino. La relazione tra interno ed esterno è tema cardine dello studio, a ragione chiamato Inside Outside, sviluppato seguendo un approccio interdisciplinare, che interseca tecnologia e arti applicate. Nella lobby, invece, sono esposti alcuni tra i modelli più iconici dello studio. Una trama di linee a terra, che si incrociano attraversando la piazza e la lobby, definiscono, anche in questo caso, una connessione tra il dentro e il fuori,in un esplicito riferimento al progetto della Biblioteca degli Alberi a Milano. Il MAXXI rappresenta l'ultima tappa espositiva del progetto itinerante "A Retrospective", concepito ad hoc in ogni suo allestimento e curato da Fredi Fischli e Niels Olsen. Fino all'8 maggio.

La follia non può avere limiti, così come l'arte. La mostra ospitata al Chiostro del Bramante, a cura di Danilo Eccher, mette in scena 11 installazioni site-specific, pensate espressamente per gli spazi interni ed esterni dell'architettura rinascimentale ideata da Donato Bramante, che esplorano il concetto chiave di follia attraverso una narrazione che unisce molteplici punti di vista. Metamorfosi, ispirazione, straniamento, perturbazione, sorpresa, euforia e meraviglia sono solo alcune delle suggestioni interpretate dai 21 artisti coinvolti nel progetto con i loro lavori autonomi, distribuiti in tutti gli spazi, anche quelli di solito esclusi dai percorsi espositivi: Carlos Amorales, Hrafnhildur Arnardóttir / Shoplifter, Massimo Bartolini, Gianni Colombo, Petah Coyne, Ian Davenport, Janet Echelman, Fallen Fruit / David Allen Burns e Austin Young, Lucio Fontana, Anne Hardy, Thomas Hirschhorn, Alfredo Jaar, Alfredo Pirri, Gianni Politi, Tobias Rehberger, Anri Sala, Yinka Shonibare CBE, Sissi, Max Streicher, Pascale Marthine Tayou, Sun Yuan & Peng Yu. “Nella più ampia accezione di "follia", non di rado sinonimo di "creatività fantastica", l’arte si è sempre ritrovata a proprio agio, ma è soprattutto con i primi studi psicanalitici e neurologici d’inizio secolo scorso che il rapporto fra disturbi psichici e arte si è fatto più intenso e consapevole. Nel corso del tempo, il confine netto fra il dato medico e l’orizzonte poetico si è via via attenuato, svaporato, liberando piani di confronto e contaminazione, la folle creatività ha cominciato a occupare la scena mostrando le sue innumerevoli maschere”, spiega il curatore. Così l'esposizione si traduce in un’esplosione di energia e creatività, dove nulla è ordinario o prevedibile. Dalle colate di pigmento di Ian Davenport, sulla scalinata esterna, agli ambienti di Lucio Fontana e di Gianni Colombo; dall'invasione di 15000 farfalle nere di Carlos Amorales sulle scale interne, al soffitto sfondato di Thomas Hirschhorn o al pavimento del chiostro ricoperto da Alfredo Pirri con un manto di specchi rotti e calpestabili, fino ai candelabri sospesi, in cera, di Petah Coyne. L’imprevedibilità spicca in altrettanti lavori, emerge dai neon di Alfredo Jaar, nel video di Yinka Shonibare CBE che indaga la costruzione identitaria, tra riferimenti culturali e citazioni letterarie, ma anche nell’installazione realizzata da Hrafnhildur Arnardóttir / Shoplifter con materia filiforme e colorata. Fino all'immersione totalizzante di Fallen Fruit / David Allen Burns e Austin Young nella Sala delle Sibille, che rende omaggio all’iconografia e alla grande tradizione della pittura italiana: uno spazio d'abitudine dedicato al relax del pubblico, con vista sull’affresco di Raffaello nella Chiesa di Santa Maria della Pace, diventa un’immersione nell’arte e insieme un’esperienza. Una musica originale di Carl Brave, Organica, accompagna il pubblico nell’esplorazione della follia del quotidiano. Fino all'8 gennaio 2023.

Gli spazi di Shazar Gallery accolgono un lavoro di Giovanni Battimiello focalizzato sul tema del controllo e sulle modalità con cui le persone si adeguano ai dettami del potere: L'artista si è posto diversi interrogativi in merito. Il concetto di sicurezza e l’idea da cui nasce passano per il controllo delle persone e di ciò che possiedono? La sicurezza è data dalla limitazione della libertà? Il progetto espositivo, a cura di Valentina Muzi, presenta una sorta di ambiente 'scansionato' dove delle valigie in plexiglass mostrano il contenuto del bagaglio a un ipotetico controllo, sotto la sorveglianza video di un immaginario scan detector. Gli oggetti racchiusi in valigia, non sono casuali, quanto rappresentativi delle identità e della sfera personale di coloro che li possiedono, svelandosi ai visitatori invitati a partecipare attivamente all'esposizione. Ma quegli oggetti esposti sono davvero una rappresentazione reale e veritiera delle persone? Gli stessi viaggiatori esprimono la loro identità, “nella forma più consona per raccontarsi al meglio, o per negarsi. Così facendo si contrappone la sfera reale della valigia 'scansionata', la quale diventa contenitore e contenuto di identità vaganti, con il virtuale che racchiude la personalità di ogni singolo viandante. Un cortocircuito con il quale l’artista intende innescare una profonda riflessione sul rapporto di ciò che possediamo, di come veniamo esaminati e per quello che siamo veramente”, si legge nel testo che accompagna la mostra. Check list finisce con il mostrare anche un lato positivo, intimo delle persone, in quanto ognuno prepara la sua valigia con le proprie cose, con oggetti che hanno un significato affettivo. In un mondo dove la pandemia con tutte le sue problematiche ha condizionato le dinamiche del controllo, il bagaglio personale conduce alla vera conoscenza dell’altro, a una presa di coscienza, secondo l’artista unica via verso la sicurezza, molto più del controllo. Fino al 2 aprile.