Animali bellissimi e dove trovarli: intervista a Claudia Rocchini, la Fotografa dei Gatti (e non solo) - La Stampa

2022-06-19 01:19:20 By : Ms. Shoes Xingshunda

La voce de La Stampa

Foto credit: www.lafotografadeigatti.it

Le sue foto sono inconfondibili: l’animale ritratto su fondo nero guarda nell’obiettivo e nei suoi occhi luminosi potete scorgervi l’anima. Spesso accanto al pet, compare anche l’umano con cui convive. E subito si percepisce l’amore che li lega. È una sorta di magia quella che compie Claudia Rocchini, la Fotografa dei Gatti, con i suoi ritratti emotivi, come ama lei stessa definire i suoi scatti. La Rocchini è anche, fra le altre cose, giornalista, docente per importanti marchi del settore e ideatrice dei Fotociotola Days. Potevamo noi de La Zampa farci sfuggire una bipede così interessante? Assolutamente no: ecco la sua intervista.

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Da dove nasce la sua passione per la fotografia e quando poi si lega indissolubilmente agli animali? «É quel sogno che fin dall’adolescenza tieni lì in un cassetto mezzo aperto e, intanto che cresci e fai quelle cose “normali” che ogni genitore si aspetta, ogni tanto lo guardi e ti dici “Prima o poi verrà il momento”. Il momento è arrivato quando ho smesso di vivere seguendo le aspettative altrui. Più in concreto, mi sono dimessa dall’impiego che, per quanto prestigioso, non era più nelle mie corde, ho cercato un lavoro part time e mi sono dedicata alla fotografia. Nel 2008 ho inviato un’immagine a Giulio Forti, direttore della storica rivista “Fotografia Reflex”: era il ritratto di uno struzzo femmina, un primo piano a metà tra il buffo e il patetico e, nell’oggetto dell’email in cui mi proponevo come collaboratrice della rivista, ho scritto “Incompresa”. Credo che il direttore mi abbia compresa, perché mi ha offerto di gestire una rubrica mensile sulla rivista, durata otto anni. Era una collaborazione più da giornalista che da fotografa, ma grazie agli insegnamenti ricevuti in quegli anni, ho pian piano trovato la mia strada. E continuo a percorrerla, senza più deviazioni. Prima di dedicarmi ai pet, per anni ho insegnato fotografia naturalistica in Parchi e Oasi protette. Tra i corsi c’era anche quello sul ritratto emotivo, dedicato a chi voleva quel qualcosa in più rispetto al mero esercizio di stile o di tecnica fotografica».

Foto credit: www.lafotografadeigatti.it

Come le è venuta l’idea del ritratto emotivo dei pet? «Negli ultimi anni abbiamo vissuto un importante passaggio culturale: da semplici “proprietari” di animali domestici siamo diventati i loro “genitori umani” perché loro sono membri della famiglia. E tutti noi abbiamo fotografie stampate dei nostri familiari. Quando nel 2018 sono mancati in pochi mesi i miei due gatti, Tata e Tato, ho cercato nei miei archivi dei ritratti che li rappresentassero non tanto e non solo esteticamente, ma che mi ricordassero anche il loro carattere. Con mio sgomento, non ne ho trovati. Ho pensato che come stava capitando a me, sarà successo anche a moltissime altre persone. Così mi sono dedicata alla ricerca di uno stile in grado di restituire l’emotività nei soggetti ritratti. Ho scelto di scattare su sfondo nero cui ho aggiunto una base specchiante. Il nero perché è l’unico non-colore in grado di restituire alla perfezione i dettagli del manto degli animali, anche quelli – paradossalmente – tutti neri; la base specchiante perché dona riflessi suggestivi che amplificano l’emotività ritratta nei soggetti. Ma attenzione: lo stile senza empatia con i soggetti non porta da nessuna parte».

Che cosa la lega così profondamente ai gatti? «Per rispondere a questa domanda userò le parole che, nel 2018, mi ha rivolto il saggista Giordano Bruno Guerri quando sono andata al Vittoriale per fotografarlo insieme alla sua adorata trovatella Sia: “Non mi stupisco che Claudia ami i gatti, è come loro. Mi stupisco che sia così brava a fotografarli”. Credo sia il più bel complimento ricevuto perché ha colto la mia essenza felina. E, aggiungo, meglio stupire che deludere: non è facile stupire un personaggio come lui. Viceversa, ci metti un niente a deluderlo».

Foto credit: www.lafotografadeigatti.it

Lei è nota come la fotografa dei gatti ma fa foto strepitose anche di cani e umani: a livello emotivo cosa le cambia fotografare cani o gatti?

«Non faccio distinzioni se non sulla base delle emozioni che mi trasmettono i soggetti che ritraggo: che siano gatti, cani, uccelli o umani, poco importa. Devo entrare in sintonia con i soggetti, interpretarli, capire il loro stato d’animo, metterli a loro agio senza mai forzarli. Non devono né dobbiamo pretendere che siano collaborativi, spetta a noi seguirli e scattare al momento giusto. Le persone quando sono con i loro animali sono belle a prescindere perché cade ogni barriera, gli occhi diventano lucidi, le spalle si rilassano, i sorrisi vengono automatici. Quel momento in cui percepisco l’unione totale di anime tra umano e animale è magico e, credetemi, succede sempre. Spesso escono immagini in cui umano e animale addirittura si assomigliano. E se la foto non viene, in quel caso, è solo colpa mia».

Foto credit: www.lafotografadeigatti.it

Ci racconta un aneddoto: ricorda qualche sessione fotografica particolarmente buffa o emozionante?

«Sul set si ride sempre per le pose o le espressioni dei pet, spesso dobbiamo interrompere la sessione per il troppo ridere! Ricordo però un episodio in cui non ho riso, anzi… Un meraviglioso esemplare di bengala maschio intero con un certo caratterino. Cercavo una posa frontale, volevo che guardasse nell’obiettivo. Ovviamente lui aveva altri piani, tipo girare la testa ogni volta che stavo per scattare. Poi si sdraiava e mi dava le spalle. Ho fatto l’errore che non si dovrebbe mai fare: prenderlo e tentare di metterlo in posa. Lui è rimasto un secondo, il tempo per me di metterlo a fuoco ma, al momento dello scatto, si è girato, ha alzato la coda e mi ha schizzato addosso! Ma i momenti per me più intensi sono quando ritraggo animali anziani o disabili: sento molta responsabilità perché sono consapevole del carico emotivo e delle aspettative dei loro umani. Oltre a ciò, va considerato che spesso si tratta di esemplari la cui disabilità o i segni dell’età sono molto evidenti ed è necessario ritrarli prestando particolare attenzione alle loro condizioni di salute, evitando immagini mortificanti. L’obiettivo è ottenere un ritratto che doni loro tutta la dignità che meritano».

Ci parla per favore dei Fotociotola days… «È un’idea che mi è venuta subito dopo la prima ondata pandemica, quando avevo organizzato una raccolta pappe per le gattare che, a causa del lockdown, si erano ritrovate in forte difficoltà nell’occuparsi delle colonie. Grazie a una pagina Facebok facevo da tramite tra loro e i donatori di cibo. Quando sono cominciate le riaperture, ho deciso di proseguire con l’attività benefica proponendo i Fotociotola Days che si svolgono in collaborazione con Enti e Associazioni che si occupano di tutela animale. I Fotociotola Days coniugano fotografia e beneficenza e sono basati su una semplice formula: in cambio di almeno 25 euro di pappe per cani e gatti da donare ai Rifugi per animali che ospitano gli eventi, i partecipanti hanno in omaggio 15 minuti di sessione fotografica del loro pet e una stampa d’Autore. Siamo giunti ormai al ventiduesimo appuntamento con oltre 300 animali fotografati e una raccolta alimentare che ha superato i 10mila euro».

Ci dai qualche consiglio su come fare belle (o almeno decenti) foto ai nostri pet? «L’errore più comune commesso quando si fotografa un cane o un gatto è quello di partire con l’ansia di dover scattare il più in fretta possibile perché l’animale in quel momento è lì con i suoi occhioni belli e intensi che ci guardano fissi e il momento dopo è altrove. Suggerisco di ribaltare l’approccio, di osservarlo, di capire se e quando tende a ripetere certe pose, espressioni o movimenti e di prendersi tutto il tempo necessario anche per considerare il contesto: luce, sfondo, postura, punto di ripresa. Mai fotografarli dall’alto in basso, si schiaccia la prospettiva, a meno che non ci stiano guardando. Cercare sempre gli occhi e stare se possibile appena sotto il loro sguardo. É preferibile evitare che qualcuno li faccia giocare, altrimenti guardano il gioco e non la fotocamera. Meglio gestire un piumino con la mano che non regge la fotocamera e sventolarlo appena sopra l’obiettivo: per forza di cose, se interessato, guarderà verso di noi. Se si hanno cuccioli o si vuole fotografare l’animale insieme a un bimbo, meglio farli stare in un ambiente circoscritto, tipo una poltrona. Ma il suggerimento principale rimane sempre uno: per ottenere un ritratto emotivo è necessario imparare a fotografare principalmente ciò che si sente, e non solo ciò che si vede.

* Monica Marelli è divulgatrice scientifica e artista de La Bottega dei Piumini

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